28 febbraio 2021

CONSIDERAZIONI SULLE ESUMAZIONI, ESTUMULAZIONI E I SUI FENOMENI CADAVERICI TRASFORMATIVI CONSERVATIVI

 di Ivano Peron 


L'intento anche in questa parentesi sullo studio personale, è stato quello di riportare e rapportare le mie esperienze con studi fatti da biologi ed esperti studiosi del settore. 


Ho potuto così comprendere meglio le dinamiche e trovare delle conferme su ciò che avevo solo presupposto durante le mie osservazioni sulla conservazione di una salma nel momento in cui mi sono ritrovato ad esumarla o estumularla. 


 

Dal 1997 al 2022 ho esumato da campi comuni e speciali ed estumulato da loculi o tombe private, centinaia di salme. 


Dal cospicuo numero di queste mie esperienze ne ho tratto che circa il 50% delle operazioni di esumazione di salme fatte da campo comune sono andate a buon fine, cioè è stato possibile procedere alla raccolta dei resti mortali per metterli in cassettina di zinco se richiesto dai famigliari o per deporli indistintamente per disinteresse o irreperibilità della stessa famiglia in ossario comune. 


Per l'altro 50% delle esumazioni è stato invece necessario provvedere alla reinumazione dei resti mortali non mineralizzati nella stessa fossa, trasferirli nel campo speciale per altri cinque anni oppure avviarli alla cremazione. 


La percentuale si basa su salme esumate da un minimo di 20 ad un massimo di 40 anni dalla sepoltura. 


Nello specifico si tratta di salme sepolte in un periodo compreso tra il 1966 e il 1996. 


Con l'aumentare degli anni di sepoltura (da 40 a 70 anni e più) la percentuale delle salme mineralizzate aumenta fino ad arrivare al 100%. 


Non ho rinvenuto nessuna salma indecomposta prima degli anni '60 in campo comune. 


Nei campi speciali invece per gli indecomposti, trascorsi i 5 anni dalla inumazione prevista, 1/3 dei resti mortali non erano ancora sufficientemente mineralizzati. 


Una percentuale molto più alta riguarda le salme tumulate in loculo dove nel 100% dei casi non ho potuto procedere alla raccolta dei resti mortali. 


Si trattava di salme tumulate da un minimo di 20 ad un massimo di 50 anni e che sono state successivamente inumate in campo speciale o avviate in cremazione. 


In linea di massima per le salme tumulate in tombe private su loculi chiusi ermeticamente vale il discorso di cui sopra per i singoli loculi dati in concessione, salvo nelle vecchie fatiscenti tombe dove c è un forte tasso di umidità all'interno e i feretri non sono stati sigillati nei tumuli. 


In questo caso buone sono le probabilità di mineralizzazione almeno in salme decedute prima degli anni '60 e trascorsi almeno 40 anni dalla tumulazione. 






 



06 gennaio 2021

LA DEGRADAZIONE BIOLOGICA DEL CORPO UMANO DOPO LA MORTE

di Ivano Peron 

La degradazione del corpo umano dopo la morte avviene principalmente a carico delle proteine che caratterizzano i tessuti biologici e sono pertanto di carattere putrefattivo.

La prima fase che si manifesta esteriormente sulla pelle è la comparsa di una colorazione inizialmente verdastro poi bruno nerastra, dovuta alla rottura dei globuli rossi e conseguente demolizione dell'emoglobina in essa contenuta.

Tutto ciò avviene con clima caldo da poche a venti - trenta ore dopo il decesso, mentre con clima freddo anche dopo alcuni giorni.

Segue una fase che presenta esteriormente un rigonfiamento del cadavere a causa dei gas derivanti dall'attività dei batteri contenuti nell'intestino.

Questi infatti si sviluppano bene in un ambiente acido quale è il tessuto muscolare in cui gli zuccheri si sono trasformati in acido lattico. 

Quest'altro cambiamento esteriore si manifesta dal terzo o quarto giorno a diciotto- venti giorni dalla morte con clima caldo, mentre dal ventesimo - trentesimo giorno, a uno o due mesi con clima freddo.

La fase successiva è caratterizzata da una consistente produzione e rilascio di liquido a seguito dell'autolisi dei tessuti molli, e ancora più importante, da una intensificazione delle attività dei batteri che iniziano l'attività putrefattiva superficiale e profonda.

Questo fenomeno cadaverico di origine microbiologica che da l'avvio alla mineralizzazione della materia organica in funzione dell'ambiente in cui avviene, genera, da uno - tre mesi, a sei e più mesi dopo la morte, un liquame dalla composizione varia, accompagnato da gas quali l'anidride carbonica, l'azoto, l'ossigeno, il metano, ed esalazioni di composti solforati particolarmente pungenti e maleodoranti.

Nell'ultima fase avviene la completa distruzione dei residui delle parti molli più persistenti, che lasciano la struttura scheletrica nella sua semplice composizione di sali di calcio, da due a cinque anni dalla morte. 
 

Accogliendo nella camera mortuaria del cimitero, salme di persone decedute nelle loro abitazioni per il periodo di osservazione e fino alla chiusura della bara, che solitamente avviene dopo due, tre giorni, ma a volte anche oltre, mi è capitato di assistere alle prime due fasi del cambiamento di un corpo come sopra descritto da un testo di un biologo che lessi nei primi anni di lavoro. 
 
Le successive fasi invece meritano un discorso a parte poiché dopo la sepoltura, i processi della degradazione del corpo possono subire forti rallentamenti, se non addirittura un arresto in determinate  condizioni. 

 

18 dicembre 2020

INCONTRI

di Ivano Peron 

Anni fa venne a mancare un signore che avevo conosciuto in quanto quotidiano  visitatore di uno dei tre cimiteri in cui lavoro.

L' ufficio mi avvisò del decesso, ma il nome, lì per lì, non mi disse granché. 

Una volta a casa, guardai il necrologio sul giornale e vidi la foto. 

Era lui, Pietro, che aveva la moglie sepolta nel cimitero, quello con il viale dei cipressi. 

Egli veniva a porgerle un saluto sbrigativo, ma costante, devoto... era il suo rito quotidiano. 

Lo conobbi praticamente dal giorno in cui  tumulai le ceneri della moglie in un loculo ossario/cinerario.

Era un buon uomo che mi salutava sempre e spesse volte si fermava volentieri qualche secondo a scambiare una cordiale parola con il sottoscritto. 

Anche quando non era in ottima forma, se lo incrociavo, cercava di essere sempre sorridente. 

Aveva espresso in vita il desiderio di essere cremato perché un giorno le sue ceneri potessero essere collocate a fianco di quelle della moglie. 

È davanti a quel cinerario che ora, quando passo, saluto Pietro. 



Più passano gli anni e sempre più volti di persone che avevo salutato in vita almeno una volta, ma anche persone con le quali avevo dialogato, condiviso, vedo oggi impressi nelle fotoceramiche in quasi tutti i campi o reparti dei miei cimiteri....è questo uno degli aspetti più tristi del mio lavoro.

A volte si tratta di persone per le quali avevo già sepolto o esumato il marito o la moglie, il padre o la madre, il fratello o la sorella... nei casi peggiori i figli.

Sono giunto così alla conclusione di conoscere più morti che vivi, ma il fatto più sconcertante è che molti di quelli che in apparenza sembrano vivi, interiormente sono morti da un pezzo.

Tuttavia c'è una speranza di resurrezione per tutti..




 


02 novembre 2019

IL CIMITERO DI MERNA

di Ivano Peron 

Talvolta le vicende legate ad un cimitero sono così singolari da sembrare inverosimili ed il Cimitero di Merna, in territorio sloveno, ne è un esempio.

Si tratta di un piccolo cimitero che trovandosi per molti decenni in zona di conflitti è stato il cimitero di più popoli. 

Il confine è l'oggetto che ha reso questo cimitero di particolare interesse storico, tanto da realizzarne un piccolo museo in un locale all'ingresso del camposanto stesso.

Questo non è solo il classico luogo della memoria dei defunti, ma anche testimonianza della stupidità dei vivi purtroppo.

Entrando ci si accorge immediatamente di una linea rosa che attraversa diagonalmente il terreno del cimitero.

La diagonale è composta da una successione di mattonelle che reca ognuna due date significative (1947-1974) e la scritta 'Spomni se name' (ricordati di me), quest'ultima presente anche sulla mura esterna del cimitero a lato del cancello d'ingresso.

Queste mattonelle rappresentano il vecchio confine che per trent'anni, costrinse molti famigliari dei defunti quì sepolti, a non poter più accedere alle tombe dei propri cari.

Con il Trattato di Parigi, gli angloamericani tracciarono infatti il confine incuranti delle sepolture, con calce bianca e successivamente con filo spinato, dividendo di fatto in due il cimitero tra Jugoslavia e Italia.




Avendo visto con i miei occhi il confine simbolico di oggi posto a testimonianza, ho cercato di immedesimarmi in quelle persone alle quali oltre ad essere stata negata per tanti anni la possibilità di poter porgere un saluto, una preghiera, un fiore ai loro defunti, si sono ritrovati con le tombe  impietosamente attraversate da filo spinato!

Il Trattato di Osimo nel 1975 ristabilì finalmente ordine e giustizia, ma possiamo provare soltanto indignazione per coloro che decisero di tracciare un così assurdo confine (oggi posto appena fuori dal cimitero) privando del rispetto e della dignità tanto i vivi quanto i morti.




04 ottobre 2019

NECROFORO COMUNALE A MONTICELLO CONTE OTTO

di Ivano Peron 

Cambiare comune significava lasciare i luoghi della mia formazione lavorativa a cui ero già affezionato.

Significava anche lasciare i colleghi 'maestri' che mi avevano insegnato e supportato e con i quali mi ero ben integrato durante la mia breve, ma intensa militanza a Vicenza.

A volte però, quando ci si trova di fronte ad una scelta, bisogna saper rinunciare e relegare a ricordi, seppur per me immortali, le belle esperienze vissute, ma anche essere determinati a viverne altre, in luoghi e con persone diverse.

Con il trasferimento lavorativo da Vicenza a Monticello Conte Otto nel febbraio del 1998, avevo la sicurezza di un posto fisso, ma anche la consapevolezza che non avrei più lavorato a tempo pieno nei cimiteri, se non durante la stagione fredda nella quale si programmano le operazioni di estumulazione ed esumazione delle salme. 

Nella nuova più piccola realtà di 
Monticello infatti, con una media annua di circa sessanta sepolture, la mole di lavoro è assai inferiore, anche per quanto riguarda la pulizia e la manutenzione stessa dei tre cimiteri presenti sul territorio di cui uno, quello della frazione di Vigardolo, è costituito dopo le esumazioni del vecchio e unico campo nel 2003, soltanto da
un'unico blocco loculi e sette tombe di famiglia interrate.




Le mansioni extracimiteriali che mi competevano riguardavano le pulizie, la manutenzione stradale, degli stabili, dei parchi comunali ecc.. ma se pesava il dover a volte rinunciare al mio ambiente lavorativo naturale che era diventato il camposanto, c'era però un aspetto che compensava in parte il non poter lavorare a tempo pieno nei cimiteri.

A Vicenza infatti, dove avevo fatto gavetta, le sepolture quotidiane rendevano il lavoro un po stile fabbrica, 'via uno, sotto un altro', anche se io mi dissociavo da tale pensiero non solo per non mancare di rispetto ai defunti, ma anche per la gratitudine che provavo nel poter rendere il mio umile servizio in un luogo a me tanto caro.

Inoltre a Monticello Conte Otto, in veste di necroforo comunale mi distinguevo dagli altri colleghi ognuno dei quali ricopriva altre specifiche mansioni, anche se di fatto si collaborava insieme quando il lavoro lo richiedeva.

Avevo fatto del regolamento di polizia mortuaria e delle circolari in materia, non solo un' irrinunciabile lettura quotidiana, ma anche motivo di approfondimento personale e nel frattempo acquisivo la fiducia e una certa indipendenza organizzativa nella gestione delle operazioni anche da parte dei miei responsabili.

Applicare le normative non m'impediva comunque di preferire e usare il buon senso a discapito della ferrea burocrazia, a volte più di ostacolo che d'aiuto nelle azioni concrete.

Ciò che fece davvero la differenza per me fu socializzare con i famigliari dei defunti, perchè potevo, attraverso la sensibilità e la disponibilità, rendermi ancora più utile lasciando emergere quel lato umano che il lavoro stesso richiederebbe.





08 settembre 2019

IL CIMITERO PROTESTANTE DETTO DEGLI INGLESI IN FIRENZE

di Ivano Peron 

Un cimitero che mi rapì completamente girovagando per i viali di Firenze diversi anni fà, fu il Cimitero protestante detto 'degli Inglesi'.

Uno di quei rari casi nei quali mi son ritrovato a visitare un luogo della memoria, ignorandone l'esistenza fino a pochi minuti prima di farne la scoperta.

La bellissima città di Firenze è così ricca di attrattive con le sue imponenti chiese e palazzi, che i cimiteri seppur monumentali, non suscitano altrettanto interesse probabilmente perchè rappresentano in primis, come tutti i cimiteri, il luogo della sepoltura, del lutto, dal quale molti, almeno mentalmente, rifuggono.

Negli ultimi decenni però il Cimitero degli Inglesi è stato rivalutato e apprezzato da molti per la particolare locazione, i monumenti funebri di grande pregio artistico, ed i personaggi che quì riposano dopo aver lasciato un segno alla Firenze dell'ottocento.

Nel 1827 appena fuori dalle mura cittadine, la chiesa evangelica riformata svizzera acquistò dal governo granducale un'area sopraelevata nei pressi della Porta a Pinti per realizzarne un cimitero per i non cattolici e i non ebrei.

Nel 1860 venne ampliata l'area cimiteriale dove venne costruita la casetta per il custode, ma cinque anni dopo fu tolta un 'area a nord.

Il 1865 fu l'anno nel quale, in occasione di Firenze Capitale, la città subì grandi mutamenti come l'abbattimento delle mura medievali per dar luogo ai viali di scorrimento, e la distruzione della Porta a Pinti dalla quale il cimitero prese il nome in origine.

Nel 1870 la municipalità dedicò a Donatello la grande piazza attorno a quella collinetta che ospita il cimitero, una sorta d'isola che emerge dal traffico cittadino e che tutt'oggi conserva un fascino del tutto particolare. 

A cinquant'anni dalla sua apertura, il Cimitero degli Inglesi chiuse i cancelli per il divieto di seppellire all'interno della città dove ormai era stato inglobato.

Tra il 1827 e il 1877, furono inumate 1409 salme di ben sedici diverse nazionalità rappresentando la Firenze cosmopolita dell'800 e tra le personalità celebri sepolte quì spiccano quelle di Jean Pierre Vieusseux ed Elizabeth Barrett Browning.




La comunità inglese con 760 sepolture era la più numerosa, inoltre il fatto che fosse uso da parte dei fiorentini identificare tutti gli inglesi con i protestanti portò a definire il cimitero non più Protestante di Porta a Pinti, ma Protestante degli Inglesi.

Attraverso un viale inghiaiato si risale la collinetta alla cui sommità si trova una colonna commemorativa donata nel 1858 da Federico Guglielmo IV di Prussia.

I cipressi, gli arbusti e i fiori presenti invece offrono inconsapevolmente profumi e colori ai visitatori in quest'isola dei morti costellata di bellissime sculture che ispirò diversi artisti.




La visita al cimitero richiede del tempo per poter scorgere ed apprezzare i molti dettagli e le iscrizioni sulle tombe di scultori, poeti, scrittori, mercanti, ecc..

È doveroso soffermarsi a lungo per assaporare pienamente l'atmosfera romantica che pervade questo magico luogo della memoria del quale, pur sperando di ritornarci, ne conserverò vivo il ricordo per sempre nel cuore!

                                        







25 luglio 2019

IL CIMITERO MAGGIORE O MONUMENTALE DI VICENZA

di Ivano Peron 

Nel corso degli anni ho prestato servizio presso undici cimiteri, ma ne ho visitati centinaia dedicando tutt'oggi parte del mio tempo libero a questo scopo.

Il cimitero però a cui sono rimasto più legato è il Maggiore o Monumentale di Vicenza che oltre ad essere il principale camposanto della mia città ed aver iniziato quì il mio percorso lavorativo, è stato anche il primo che io abbia visitato nella mia infanzia.

Il mio nonno materno infatti riposa quì dal dicembre del 1972 ed io non lo conobbi in vita perchè nacqui a novembre dell'anno successivo.

Il Cimitero Monumentale è costituito da un porticato quadrato lungo 180 metri per lato con 127 arcate in stile neoclassico sotto il quale si trovano le tombe dei nobili ed illustri cittadini come Andrea Palladio, Antonio Fogazzaro, Paolo Lioy, Guido Piovene, Mariano Rumor, Virgilio Scapin, mentre nel mezzo si trovano i campi per le inumazioni dei cittadini comuni, i bambini e le religiose.




Il cimitero fu iniziato nel 1816 su disegno dell'architetto Bartolomeo Malacarne e completato nel 1848 sotto la direzione dell'architetto Giacomo Verda.

L'influenza del celebre architetto rinascimentale Andrea Palladio, è ben evidente, e in sua memoria venne eretta una cappella nel 1844 sempre su disegno del Malacarne, ma voluta e finanziata dal nobile e archeologo Girolamo Egidio di Velo.

Nella cappella sono custoditi i suoi presunti resti mortali che furono traslati nel 1845 dal Tempio di S.Corona dove il Palladio era stato sepolto originariamente.

Sulla sua primissima tomba recentemente ho fatto accurate ricerche, quindi mi sono recato presso la chiesa di S.Corona, luogo di sepoltura di alcuni benestanti di Vicenza, e dal gentile personale della custodia ho appreso interessanti dettagli in merito.

Inoltre ho potuto vedere la mappatura delle tombe sotterranee delle quali sono stati rimossi i sigilli di pietra a seguito della ristrutturazione della pavimentazione della chiesa.

Non tutti ancora sanno comunque che il Palladio fu sepolto nella tomba del genero assieme ad altre diciotto salme e al momento della traslazione dei resti non c'era alcun riferimento sicuro per l'identificazione.

Un cranio si distingueva dagli altri per la spaziosità della regione frontale e quindi fu dedotto che dovesse appartenere al grande architetto, ma non costituisce prova certa sull'appartenenza delle spoglie mortali.

Nella cappella del Palladio pertanto è probabile che siano stati deposti i resti di qualcun altro che era stato sepolto nello stesso sepolcro.




Il Cimitero Maggiore venne ampliato nel 1864 e 1903 dove vennero costruite delle gallerie coperte sotto i portici, e nel 1927 fu aggiunta una nuova area ampliata nel corso dei successivi anni che rappresenta il cimitero giardino dov'era tumulato mio nonno.

Era il giorno di S.Stefano quando egli mancò ed ogni anno con la famiglia ci si recava il mattino di quel giorno alla chiesa del cimitero, che si trova diametralmente opposta alla cappella del Palladio, per la s. messa nella quale veniva ricordato.

Al termine della celebrazione ci si avviava verso il suo loculo per porgergli un saluto e recitare una preghiera, ma nell'attraversare i porticati del monumentale fin da bambino, ricordo calpestando i sigilli delle tombe sotterranee il cupo riverbero del vuoto sottostante ed ero incuriosito da tutte quelle sculture dall'espressione seria, enigmatica.

Le vecchie, silenziose gallerie alquanto scure e polverose che affiancavano i porticati, accentuavano la suggestività del luogo ed io mi dibattevo tra una sensazione di paura infantile e nel contempo un'inspiegabile attrazione per l'ignoto.

Man mano che crescevo, queste sensazioni venivano sostituite da un senso di pace e armonia che solitamente provo solo in alcuni ambienti religiosi o naturali a me tanto cari.

Per questo motivo e per il fatto che ho trascorso e trascorro tutt'ora parecchio tempo all'interno dei cimiteri, quando mi si chiede cosa rappresenti per me il camposanto, non esito a dire:  'È la mia seconda casa'!

18 giugno 2019

UNA DECISIONE SOFFERTA

di Ivano Peron 

Il mio contratto a tempo determinato era in scadenza e questa mia prima breve, ma intensa esperienza, non era servita soltanto ad iniziarmi al lavoro cimiteriale, ma anche a confermarne il mio interesse.

Ho scelto di raccontare fin quì nei dettagli solo quelli che ho ritenuto essere i momenti più significativi di quei primi tre mesi, ma i ricordi 'minori' rimasti impressi nella memoria sono davvero tanti, come ad esempio quello di una ragazza orientale che presenziava tutti i giorni alle sepolture destando in noi operatori una certa perplessità.

Non poteva essere parente o conoscente di tutti coloro che ogni giorno seppellivamo, quindi gli si chiese il motivo della sua quotidiana presenza e lei rispose che doveva partecipare a un certo numero di funerali per ricevere una sorta di indulgenza o grazia!

La primissima cosa invece rimasta impressa risale al primo giorno di lavoro, dopo essermi presentato ed aver indossato la tuta da lavoro.

Seguii i colleghi di ruolo verso la rimessa dei mezzi sottostante alcuni loculi del cimitero giardino, quando uno di loro scendendo la rampa, spiegò a me e agli altri nuovi operatori che l'odore che stavamo per percepire e che probabilmente avremo percepito tutte le mattine scendendo nella rimessa, proveniva da infiltrazioni sulle pareti.




Era lo sgradevolissimo odore dei gas e dei liquidi cadaverici che fuoriescono dalle bare, un odore così intenso che una volta percepito ti porti dentro per diverse ore, spesso anche per un'intera giornata.

Ma ho un ricordo ancora vivo anche di un momento gradito quando mi recai assieme ad un altro collega con il carro funebre all'Istituto di suore in città, per effettuare il trasporto di una sorella defunta al Cimitero Maggiore.

Prima di salire nella cappellina per prelevare il feretro, ci attendevano infatti caffè caldo e biscotti ed il collega mi confidò che era un rito fisso quello del caffè, ogni volta che mancava una suora........insomma, prima il piacere poi il dovere!

Ci furono attimi di forte apprensione invece un giorno assieme all'amico Devis a bordo del malridotto furgone comunale che usavamo per i servizi cimiteriali.

Dovevamo trasportare dal cimitero di Longara, al crematorio del Cimitero Maggiore, i resti mortali non mineralizzati di parecchie salme in grezze casse di legno rettangolari.

Le ceneri dei resti poi sarebbero state riportate al cimitero di provenienza per essere depositate nell'ossario comune che in assenza del cinerario comune ha doppia funzione.

Transitare in un sottopasso con un carico saturo di resti mortali contenuti in semplici casse appoggiate una sopra l'altra e ricordarsi al momento della salita che le ante del portellone posteriore erano solo appoggiate perchè la chiusura era danneggiata, beh...è un'esperienza da evitare sicuramente!

Non nego di aver provato una certa apprensione anche pochi giorni prima della scadenza del mio contratto perché non avevo certezze di un rinnovo, ma alla fine l'impegno fu premiato.

Rimaneva comunque l'incertezza per il futuro trattandosi di contratto a termine e da lì a poco mi ritrovai di fronte ad una difficile scelta.

Alcune settimane dopo che mi fu rinnovato il contratto per altri tre mesi, venni a conoscenza di un concorso a tempo indeterminato per un posto di necroforo/stradino nel limitrofo comune di Monticello Conte Otto.




Mi mobilitai subito per chiedere ai miei coordinatori e successivamente al geometra comunale preposto ai servizi cimiteriali di Vicenza, se un giorno avrei potuto passare ad un contratto a tempo indeterminato anche lì, dove avevo fatto gavetta con tanto entusiasmo e ancora stavo lavorando, ma non dipendeva da loro.

Una delle cause dell'insoddisfazione che regnava tra i colleghi infatti, era dovuta all'insicurezza sull'inquadramento sul lavoro per il probabile passaggio alle aziende municipalizzate.

Quest'ultimo fu il motivo per il quale nessuno poteva darmi garanzie, nonostante fu apprezzato il mio operato e la mia dedizione al lavoro, e così seppur a malincuore lasciai Vicenza dopo quattro mesi per prestare servizio nel più modesto comune di Monticello Conte Otto.




01 giugno 2019

LA BARA BIANCA


Nonostante la sensibilità possa variare da persona a persona, l'esser circondati nel lavoro quotidianamente da persone fortemente addolorate per la perdita di un proprio caro, non può lasciare un operatore cimiteriale indifferente.

Per evitare di assorbire questi continui stati d'animo negativi, i colleghi mi facevano allontanare sempre di qualche metro dal corteo almeno per il tempo in cui il sacerdote recitava le preghiere di rito che si concludono con un'ultima benedizione al defunto prima di procedere alla sepoltura.

Chi svolge questo lavoro comunque, deve sapersi controllare emotivamente, anche in situazioni particolarmente delicate come durante le operazioni di esumazione o estumulazione presenziate dai famigliari della salma.

Al disagio fisico del particolare lavoro manuale infatti, si aggiunge pure la componente emotiva dell'operatore che può gravare quando i parenti presenti alle operazioni raccontano in lacrime il patire del loro caro in vita o il grande vuoto che ha lasciato con la sua improvvisa dipartita da questo mondo.

Per i famigliari è un po come rivivere il giorno del funerale anche se possono essere trascorsi venti, trenta o piu anni... è inevitabile che riaffiorino i dolorosi ricordi del giorno dell'addio.

In uno dei cimiteri suburbani di Vicenza, dove tra l'altro riposano tutt'ora gran parte dei miei parenti paterni, al fine di recuperare il terreno per nuove inumazioni di salme, erano state programmate per il mese di dicembre ottanta esumazioni dai quattro campi che si trovavano all'ingresso principale.




Prima di effettuare le operazioni di esumazione delle salme bisognava disallacciare le lampade votive, rimuovere le fotoceramiche, i vasi, i lumi e quant'altro vi fosse sulle tombe, demolire e rimuovere le lapidi, delimitare i campi in esumazione con apposita rete da cantiere.

Il tempo non era dei migliori e le giornate alternate di pioggia e neve rendevano il terreno circostante fangoso e quindi difficoltoso da calpestare.

Un collega di esperienza, con l'escavatore procedeva allo scavo inizialmente delle fosse di salme delle quali poi dovevamo raccogliere e deporne i resti mortali nell'ossario comune del cimitero per disinteresse o irreperibilità dei famigliari.

Successivamente vennero esumate le salme per le quali era stata fatta preventiva richiesta della famiglia di raccoglierne i resti in cassettina per essere tumulati in celletta ossario o altro tumulo.

In quel periodo un signore capitava tutti i giorni al cimitero avvicinandosi agli scavi per curiosare nonostante la recinzione delimitasse l'area ed il mio collega lo invitasse ripetutamente e cortesemente di allontanarsi.

Quest'uomo di circa sessant'anni o poco meno però, incurante delle parole, continuava a sbirciare imperterrito fintanto che il collega addetto allo scavo un giorno si stancò di parlare a vuoto ed essere cortese con lui, e dopo aver arrestato l'escavatore, lo intimò ad andarsene immediatamente e non tornare più.

Noi che dovevamo lavorare in condizioni piuttosto critiche per la pioggia, il fango e la difficoltà di esumare salme spesso indecomposte, eravamo infastiditi da questa persona che non dimostava alcun rispetto delle regole e del nostro operato.

Da solo arrivavo ad esumare fino a sette salme al giorno, ma iniziavo a sentirne il peso quando la mattinata giungeva al termine.

L'ultimo giorno mi capitò di vivere l esperienza più forte che mi fosse mai capitata prima....dovevo esumare l unico bambino (9 anni), che era stato sepolto in quei quattro campi.

Per la particolarità del caso, sentivo in quel momento la gravosa responsabilità di quell'incarico, ma non rifiutai.

Speravo solo di essere all'altezza della situazione perchè dovevo trattenere la mia emotività e usare la massima delicatezza possibile al momento della raccolta dei poveri resti del bambino alla presenza dei genitori.

Quando il collega con l'escavatore smise di scavare, scesi nella fossa con un nodo alla gola per togliere il coperchio dalla bara bianca.

Spesso a causa del terreno argilloso, le casse erano sommerse nell'acqua ristagnante e quella del bambino non fece eccezione.




Alzai la testa in direzione della famiglia e mi accorsi che c'era quel signore che tutti i giorni si era recato al cimitero rallentando le nostre operazioni di scavo.

Aveva occhi lucidi e lacrime che gli scendevano copiose sulle guance mentre attendeva in silenzio che gli porgessi i resti del suo amatissimo bambino sulle sue mani avvolte da un velo bianco.

Fu doppiamente dura per me quando capii che il signore era il papà del bambino, ma il senso del dovere e la pietà per quell'uomo mi fecero trovare la forza per portare a termine il mio lavoro cercando alla cieca di recuperare nell'acqua torbida che ricopriva la cassa, le piccole ossa di quel bambino.

Tuttavia ancora non sapevo la cosa più straziante della storia......il padre portò un giorno il figlio a pescare con lui lungo le sponde di un fiume, ma gli cadde dentro annegando.

Dopo questa rivelazione mi fu tutto più chiaro e comprensibile perchè quel pover'uomo si fosse recato tutti i giorni al cimitero sordo agli inviti di allontanarsi dagli scavi.

21 maggio 2019

RIORDINO DI UNA TOMBA DI FAMIGLIA

di Ivano Peron 

Con i colleghi di ruolo cercai d'instaurare un buon rapporto di lavoro, e tra i nuovi assunti come me, c'era l'amico Devis con il quale condivisi questa nuova esperienza che ci avrebbe poi contraddistinto per sempre agli occhi degli amici in comune, come i due 'becchini'.

Qualcun'altro invece, credo non nutrisse particolare simpatia nei confronti del sottoscritto a causa del mio evidente interesse e la mia disinvoltura per il lavoro cimiteriale che poteva spiazzare e mettere in cattiva luce chi era lì invece unicamente per lo stipendio.

Venne infatti il giorno in cui, dopo un breve periodo d'ambientazione con mansioni relativamente leggere, io e gli altri colleghi novantisti dovevamo entrare nel vivo del lavoro con il primo riordino di una delle tante tombe di famiglia sotterranee che si trovano lungo i portici lato ovest del Monumentale.




Prima di quel momento avevamo semplicemente maneggiato bare durante i funerali per il trasporto, la sepoltura o per l'avviamento in cremazione, ma nessuno di noi aveva presenziato ad un'esumazione o un'estumulazione di una salma.

I film dell'orrore ambientati nei cimiteri che da adolescente avevo visto a palate, non avevano nulla a che fare con le esperienze concrete che poi vissi lavorando al camposanto.

Quì si trattava realmente di vedere con propri occhi, toccare con proprie mani e sentire i penetranti odori della decomposizione dei corpi.

Il lavoro consisteva nell'estumulare tutte le salme presenti all'interno della tomba asportando il coperchio della cassa di legno prima e quello interno di zinco poi, per raccogliere e deporre i resti mortali in apposite cassettine di zinco contraddistinte dal nome identificativo del defunto e la relativa data di morte.

Inoltre si doveva ripulire la tomba dai resti lignei delle casse, lo zinco, il materiale rivestente la bara e quanto rimaneva degli indumenti delle salme, sistemando poi le cassettine ordinatamente per far spazio ad eventuali future tumulazioni.

Sollevammo pertanto con un calaferetri a catene la pesante lastra di pietra sul pavimento del portico, posta a sigillo della tomba stessa e l'appoggiammo lateralmente.

Il coordinatore ci invitò poi a scendere per eseguire il riordino, ma il gruppetto interessato era assai esitante dopo aver intravisto nella tomba sotterranea vecchie bare accatastate le une sopra le altre.

Personalmente attendevo quel momento già da settimane perchè sapevo benissimo che l'operatore cimiteriale aveva il compito di seppellire e 'disseppellire', ancora prima che venisse specificato dall'ufficio di collocamento il giorno in cui presentai domanda.

Perciò scesi da solo e senza scala nella tomba appoggiando un piede su una catasta di bare e  l'altro piede su quella parallela, ignaro che l'umidità e gli anni potessero far cedere sotto il mio, tra l'altro modesto peso, le casse di legno.




Le casse marcescenti cedettero tutte, così mi ritrovai sul fondo della buia tomba in un battibaleno, miracolosamente incolume e ancora in piedi, tra polvere di calcinacci e tavole frantumate di legno ammuffito, brandelli di vestiti unti e teschi rotolanti.

Sconcertati i colleghi che dall'alto avevano appena assistito alla mia pericolosa discesa, si accertarono a voce delle mie condizioni, ma io stavo veramente bene e non solo fisicamente.

Mi trovavo semplicemente nel posto che dovevo e soprattutto, volevo essere.

Devis, l'unico tra i cinque rimasti sù, scese per darmi una mano ed insieme raccogliemmo con cura i resti mortali di tutte le salme che erano state tumulate in quella tomba.

Iniziavamo così a far conoscenza diretta, dell'apparato scheletrico umano e diventare sempre più consapevoli della corruttibilità del corpo, poichè eravamo gli unici tra gli operatori temporanei a scendere sistematicamente nelle tombe o nelle fosse durante le operazioni di esumazione o estumulazione delle salme.





11 maggio 2019

A BORDO DI UN CARRO FUNEBRE

di Ivano Peron 

Nonostante all'epoca non avessi ancora compiuto ventiquattro anni, mi ritrovai orgogliosamente ad indossare in più di un'occasione la divisa che i colleghi più anziani indossavano per eseguire i trasporti funebri.

Le mie fantasticherie da ragazzo di viaggiare un giorno a bordo di un carro funebre, divennero così esperienze reali in contrasto decisamente con i sogni dei miei coetanei attratti da moto e auto sportive.

Al culmine del mio fantasticare, dopo aver realmente visionato un carro presso un'autodemolizioni, me ne immaginai uno d'epoca parcheggiato nel garage di casa con il quale poter circolare di tanto in tanto per le strade come fosse un autoveicolo qualsiasi.




Il giorno in cui viaggiai davvero, affiancavo il collega alla guida di un datato Fiat 132 nero dagli appariscenti interni rossi, durante il tragitto dall'abitazione del defunto alla chiesa per il funerale e successivamente dalla chiesa al cimitero per la sepoltura.

Riflettevo sul numero di salme che i carri comunali avessero trasportato in tutti quegli anni prima del mio arrivo e ricordo chiaramente gli sguardi mesti, i segni della croce...percepivo tocchi scaramantici dei passanti alla vista del feretro ben visibile attraverso i lunghi vetri laterali del carro funebre.

In quei frangenti, ma anche quando al cimitero calavo la bara nella fossa, ero consapevole d'apparire agli occhi degli altri come quel personaggio un po' sinistro che l'operatore cimiteriale viene purtroppo spesso dipinto, e ciò che un giorno mi disse una signora, credo esprima bene il concetto: 'Lei è bravo, ma ...non mi è simpatico!'



29 aprile 2019

IL CAPPELLANO DEL CIMITERO

di Ivano Peron 

Ogni mattino nello spogliatoio del cimitero, i due coordinatori ripartivano gli incarichi del giorno in due squadre miste tra operatori di ruolo e quelli come me provvisori.

Avevo iniziato a lavorare ad ottobre, il mese che precede la commemorazione dei defunti, quando una grande affluenza di persone puntualmente si riversa nei cimiteri per ripulire le tombe dei propri cari e sostituire i fiori appassiti o sbiaditi di plastica con mazzi nuovi o bellissimi vasi di crisantemi  bianchi, gialli, rossi e viola.

In quei giorni ci si dedicava oltre alle ordinarie sepolture, anche allo svuotamento frequente dei cesti per la raccolta differenziata dei rifiuti al cimitero che a quel tempo era appena iniziata.

Si doveva rovistare tra i rifiuti gettati indistintamente per separare i fiori dalla carta e dalla plastica, ciò comportava considerando il notevole numero di cesti da svuotare, un dispendio di tempo non indifferente.

Inoltre bisognava sistemare aiuole e viali per il decoro floreale e ripulire i portici, dei quali ricordo le energiche spazzate soprattutto nelle giornate di pioggia, e la lucidatura della cancellata della tomba del grande architetto che fu Andrea Palladio.

A questi lavori si aggiungeva un altro, più sbrigativo invece, per la chiesa del cimitero sotto la supervisione del cappellano frate minore P. Costanzo Caron.

Egli fu cappellano del Cimitero di Vicenza per quasi sessant'anni e nel 2002, quando morì, venne tumulato nella 'cappella del suffragio' adiacente la chiesa.


Ben oltre mezzo secolo di servizio continuo nell'officiare le sante messe, nell'accogliere le salme ed accompagnarle nell'ultima dimora.

Lo ricorda chi l'ha ben conosciuto, come dedito alla preghiera e all'accoglienza sempre pronto ad ascoltare, a consigliare, ad assolvere e a celebrare.

Fede limpida e fervente nel Cristo Risorto che realizza nel sacrificio, nell'umiltà, nel silenzio, nel sorriso, pur essendo nel luogo del pianto.

Personalmente ebbi modo di incontrare P. Caron pìù volte quando mi recavo in visita al Monumentale anche per recitare un requiem aeternam a mio nonno materno che era tumulato nel cimitero giardino. 

Fisicamente minuto, indossava il tipico saio da frate con il quale si aggirava tra i portici e i viali del cimitero dispensando preghiere per i defunti in tutta umiltà e con rispettoso silenzio ...era per me una figura davvero suggestiva.




La sua voce flebile accentuava la modestia del suo intero essere, tuttavia quando per sua richiesta fui chiamato con un altro collega a rimettere in ordine le sedie della chiesa preparandole per la celebrazione successiva, egli mostrava un inedito tratto del suo carattere.

Nel farci disporre le sedie seguendo scrupolosamente il disegno della pavimentazione, sapeva usare toni
autoritari, pretenziosi, in altre parole, guai ad uscire dall'allineamento di mezzo centimetro!!




Ironia a parte, credo in tutta sincerità che la figura di P. Costanzo Caron manchi a molti visitatori del Cimitero Maggiore di Vicenza.

20 aprile 2019

I PRIMI GIORNI

di Ivano Peron 

La mia ambizione di lavorare al camposanto si era concretizzata, o perlomeno, trattandosi di contratto a tempo determinato, tre mesi erano assicurati per me e per altri cinque nuovi operatori.

I miei primi giorni furono di ambientazione, scoperte, nuove conoscenze, anche se la mia grande attrazione per i cimiteri come luoghi di pace e riflessione mi portava spesso a visitarli.

Nel camminare lungo silenziosi viali di cipressi che sembrano dita indicare il cielo, mi pervade una sensazione di profonda calma ed elevazione interiore.

Tutt'oggi amo sostare e meditare ai piedi di monumenti e di vecchie lapidi inclinate e annerite dal tempo, che raccontano a volte con brevi dediche una vita. 





L' area di lavoro comunque non si limitava al già vasto Cimitero Maggiore, ma comprendeva anche i sei cimiteri suburbani di Casale, Settecà, Bertesina, Longara, Polegge, Maddalene e l'Acattolico.

Il turno di lavoro atipico dal lunedì al venerdi, dalle ore 7.00 alle ore 12.50, comprendeva due rientri pomeridiani settimanali che mi permettevano di avere pure del tempo libero.

Il personale di ruolo era costituito da due coordinatori e da dodici operatori ai quali in base all'età, spesso erano assegnate mansioni diverse... in altre parole l'essere più anziani degli altri significava indossare più facilmente la divisa che non la tuta da lavoro.

Infatti fino al passaggio gestionale dei cimiteri alle A.M.C.P.S. avvenuto nel gennaio del 2000, il Comune di Vicenza oltre alle sepolture, esumazioni, cremazioni e alle varie manutenzioni, s'incaricava anche dei trasporti funebri con propri mezzi e personale.




Ero così entusiasta di poter conoscere i nuovi colleghi con il loro bagaglio di esperienze ed imparare bene ogni dettaglio del nuovo lavoro, che mi resi conto solo dopo alcune settimane dell'atmosfera d'insoddisfazione generale che aleggiava nell'ambiente.





08 aprile 2019

LA PROVA


Accolta la domanda di lavoro, mi comunicarono pochi giorni dopo la data della prova pratica al Cimitero Maggiore e pur non sapendo con certezza cosa mi aspettasse, mi fidai del mio intuito che mi suggerì uno scavo.

A tal riguardo, da ragazzino avevo già vissuto esperienze significative, quando per diletto cercavo frammenti d'ossa di animali vissuti in epoche remote scavando e setacciando il terreno all'interno di alcune grotte sui Colli Berici.

Comunque per farmi trovare adeguatamente preparato alla prova, andai tutti i giorni in un appezzamento di terreno di proprietà di uno zio, nelle vicinanze di casa, nel quale mio padre coltivava qualche ortaggio, e lì scavai con tanta determinazione e altrettanto sudore una sorta di trincea lunga alcuni metri.




L'insolito scavo a poca distanza da pomodori e zucchine, attirò l'attenzione di una vicina, la quale ahimè curiosissima, non si astenne dal chiedere al sottoscritto cosa dovessi mai piantare......risposta imbarazzante!!!

Venne quindi il fatidico giorno e con altre undici persone selezionate tra cui un amico, mi presentai davanti ad una commissione di tecnici del comune. 

La prova si svolse in un ex campo d'inumazione del cimitero giardino dov'era stata sepolta anche la mia bisnonna materna e nel quale erano state da poco rimosse le tombe ed esumate le relative salme. 

La prova consisteva effettivamente nello scavo manuale di una fossa con una tempistica a disposizione di circa venti minuti con attrezzi classici e delle assi in legno come strumenti di misura. 




Sotto lo sguardo attento della commissione, iniziai a scavare di gran carriera disposto come tutti orizzontalmente uno a fianco dell'altro, separati solo dallo spazio necessario per ammucchiare la terra.

Rallentai solo un attimo mentre vidi una scena che aveva del comico, ovvero quando badilate di terra volavano da uno scavo all'altro seguite da una sfilza d'imprecazioni tra due contendenti che si ritrovavano evidentemente sempre al punto di partenza!!

Tra gli aspiranti operatori cimiteriali figuravano ex orafi, infermieri, meccanici, camerieri....non a caso quindi se ciò che doveva essere una prova di lavoro, pareva piuttosto una competizione tra improvvisati ortolani della domenica!!

Anch'io del resto non potevo vantare precedenti lavorativi cimiteriali, ma spinto per la prima volta da un forte, autentico desiderio, da un unico obbiettivo, e allenato com'ero nei giorni che precedettero la prova, non ebbi alcuna difficoltà a superarla.









01 aprile 2019

L' ASPIRANTE OPERATORE CIMITERIALE

di Ivano Peron 

Il ricordo di quella che poi sarebbe stata la mia prima esperienza lavorativa cimiteriale mi riporta ad un mattino d'inizio autunno del 1997, quando mi trovavo all'ufficio di collocamento del lavoro per la selezione di alcuni posti a tempo determinato presso il Cimitero Maggiore di Vicenza.

Mi precedeva una lunga, inaspettata fila di aspiranti operatori cimiteriali, ma se l'attesa non mi pesava perchè tenevo moltissimo a quel lavoro, tuttavia devo ammettere che il dover competere tra tanti mi turbava un pochino.

Lo stesso incaricato dell'ufficio, perplesso per la massa presentatasi, ad alta voce specificò le competenze dei futuri operatori con l'intento di far desistere coloro che speravano forse di accaparrarsi un posto di lavoro apparentemente poco impegnativo, oltre che temporaneo.

Tra le competenze spiccava il termine 'esumare' che provocò al pari di un coprifuoco, l'improvviso sfoltimento della fila.

Sorpreso, ma contento, mi ritrovai in pochi minuti, preceduto solo da pochi temerari, davanti allo sportello.

Sono sempre stato attratto dai cimiteri che sentivo già di amare quel lavoro ancora prima di farne esperienza diretta, pertanto non esitai giunto il mio turno, a ribadire il mio sincero interessamento nonostante i possibili disagi.

Questo doveva essere il mio lavoro e questo fu!