18 dicembre 2020

INCONTRI

di Ivano Peron 

Anni fa venne a mancare un signore che avevo conosciuto in quanto quotidiano  visitatore di uno dei tre cimiteri in cui lavoro.

L' ufficio mi avvisò del decesso, ma il nome, lì per lì, non mi disse granché. 

Una volta a casa, guardai il necrologio sul giornale e vidi la foto. 

Era lui, Pietro, che aveva la moglie sepolta nel cimitero, quello con il viale dei cipressi. 

Egli veniva a porgerle un saluto sbrigativo, ma costante, devoto... era il suo rito quotidiano. 

Lo conobbi praticamente dal giorno in cui  tumulai le ceneri della moglie in un loculo ossario/cinerario.

Era un buon uomo che mi salutava sempre e spesse volte si fermava volentieri qualche secondo a scambiare una cordiale parola con il sottoscritto. 

Anche quando non era in ottima forma, se lo incrociavo, cercava di essere sempre sorridente. 

Aveva espresso in vita il desiderio di essere cremato perché un giorno le sue ceneri potessero essere collocate a fianco di quelle della moglie. 

È davanti a quel cinerario che ora, quando passo, saluto Pietro. 



Più passano gli anni e sempre più volti di persone che avevo salutato in vita almeno una volta, ma anche persone con le quali avevo dialogato, condiviso, vedo oggi impressi nelle fotoceramiche in quasi tutti i campi o reparti dei miei cimiteri....è questo uno degli aspetti più tristi del mio lavoro.

A volte si tratta di persone per le quali avevo già sepolto o esumato il marito o la moglie, il padre o la madre, il fratello o la sorella... nei casi peggiori i figli.

Sono giunto così alla conclusione di conoscere più morti che vivi, ma il fatto più sconcertante è che molti di quelli che in apparenza sembrano vivi, interiormente sono morti da un pezzo.

Tuttavia c'è una speranza di resurrezione per tutti..